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Il lusso di non scattare: una giornata per guardare davvero

Perché ogni tanto è necessario mettere in pausa lo scatto per ritrovare il piacere autentico di osservare.



Ci sono giornate che iniziano come tante altre, con il ritmo serrato tipico del mio lavoro: ore davanti al computer, editing da portare a termine, file da inviare, consegne che ti aspettano con la loro precisione spietata. È un lavoro che amo profondamente, ma che spesso ti consuma senza che tu te ne accorga. Rimani seduto, concentrato, immerso nelle immagini degli altri mentre le tue, fuori dalla finestra, scorrono veloci e silenziose.

E proprio in giornate così, quando hai lo sguardo stanco da ore di monitor, accade qualcosa di inatteso: il desiderio di fermarsi. Di respirare. Di godersi un momento senza la compulsione di catturarlo.

Un alba già fotografata nel dicembre 2023
Un alba già fotografata nel dicembre 2023

Un’alba che ti chiama, ma la macchina e il drone restano dove sono.

Capita, a volte, che tu apra la finestra e trovi un’alba di quelle che sembrano voler dire qualcosa. Colori saturi, una luce che scivola tra le nuvole con una delicatezza quasi pittorica. Il genere di scena che qualsiasi fotografo vorrebbe immortalare all'istante.

Eppure no: nessuna corsa a prendere la macchina fotografica o il drone.Nessuna paura di perdere il momento. Solo lo sguardo che si lascia accarezzare da quei colori, come se non avessero bisogno di essere catturati.

È una sensazione strana, quasi liberatoria: il piacere puro di guardare.


Una sciata che “ci stava tutta”, ma le priorità erano altre

E poi c’è quel sole del mattino, quello che sulle piste invita senza bisogno di parlare. Una sciata sarebbe stata perfetta, ci sarebbe stata tutta. La neve buona, la luce ideale, la voglia anche. Ma la priorità era un’altra: l’editing, il lavoro, la responsabilità.

E così si rimane al computer, mentre fuori la montagna brilla. Non con frustrazione, ma con consapevolezza. Con quel piccolo sacrificio che fa parte di questo mestiere e di ogni passione trasformata in professione.

E paradossalmente è proprio dopo ore di monitor che arriva la necessità di uscire, di allontanarsi, di ricominciare a sentire il mondo reale dopo aver manipolato così tante immagini virtuali.


San Vigilio: passeggiare senza scattare

Una passeggiata a San Vigilio diventa allora un balsamo. La luce filtra tra gli alberi, l’aria è pulita, il silenzio del 9 dicembre post weekend di ponte dell'Immacolata è pieno di cose che non hai tempo di ascoltare durante la settimana. È uno di quei contesti in cui il fotografo che è in te normalmente si risveglia come un riflesso automatico.

Ma in giornate così no. O meglio, si risveglia… per poi scegliere volontariamente di rimanere in silenzio.

Niente foto, niente storie da pubblicare, niente “questo lo devo condividere”. Solo osservazione pura. E ti accorgi che quando smetti di cercare lo scatto perfetto inizi a vedere davvero.


La salita in notturna… al buio più del previsto

La giornata culmina con una salita di sci alpinismo verso la Jochtal, a Valles. Buio, neve che scricchiola, una temperatura che ti sveglia più di un caffè. E qui arriva l’aneddoto che fa sorridere: la luce frontale… dimenticata a casa.

Si sale così, quasi alla cieca, affidandosi all’intuito, ai propri passi, a quel poco che gli occhi riescono a distinguere nella notte limpida e stellata. Un’esperienza che sembra primitiva, quasi essenziale. E la discesa? Illuminata dalla luce dell’iPhone. Una follia calcolata, un piccolo imprevisto trasformato in avventura.

La cena al rifugio, il calore della compagnia, la stanchezza buona… tutto perfetto, tutto memorabile. E di nuovo, nessuna foto. Solo ricordi.


Riflessione tecnica: fermarsi per ricaricare lo sguardo

C’è una frase che conosciamo tutti: “Chi si ferma è perduto.” Nel mondo della fotografia professionale sembra quasi una regola: bisogna essere sempre produttivi, sempre presenti, sempre pronti a scattare.

Ma c’è anche un’altra verità, molto più scomoda e molto più reale:“Chi non si ferma mai, si perde tutto.”

Tecnicamente, fermarsi fa parte del lavoro. Un occhio che non riposa diventa robotico. Una mente che non si ossigena smette di creare. Un fotografo che scatta sempre finisce per fotografare senza davvero vedere.

Fermarsi, ogni tanto, è vitale: È manutenzione. È respirazione. È rigenerazione creativa.

Lo scatto nasce prima nella mente e nel cuore che nel sensore. E per farli funzionare bene, bisogna concedersi delle pause.


Un articolo senza foto, per scelta

Questo articolo non avrà immagini, eccetto la foto di copertina che è simile all'alba da me osservata ma di qualche anno fa. È una scelta consapevole, quasi provocatoria. Perché in un mondo che riempie ogni secondo di contenuti, raccontare una giornata senza neanche una foto diventa un gesto controcorrente.

Un invito a immaginare, a lasciare spazio, a ricordarci che non tutto ciò che viviamo ha bisogno di una prova visiva.

A volte, ciò che non fotografiamo resta molto più nostro.


Conclusione: fermarsi per tornare a vedere

Questa giornata, o qualunque giorno simile capiti nella nostra vita, insegna una cosa semplice ma dimenticata: fermarsi non è perdere tempo, è salvarlo. È restituire valore alle cose. È tornare a essere presenti, invece che produttivi.

Perché sì, è vero:chi si ferma è perduto… ma chi non si ferma mai si perde tutto.

E la fotografia, dopotutto, nasce proprio dalla capacità di vedere. Non di correre.




 
 
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